Che cos’è il vino: dalle origini alla definizione moderna

Il vino non è mai stato soltanto una bevanda.

È memoria liquida, un ponte che unisce un contadino georgiano dell’Età Neolitica a chi oggi stappa una bottiglia di Barolo.

Ogni volta che l’uva fermenta, in realtà si rinnova un rito antico: la trasformazione del frutto in qualcosa di diverso da sé stesso, una bevanda che da migliaia di anni accompagna riti religiosi, banchetti imperiali e semplici cene di famiglia.


Le prime tracce di vino nella storia

La nascita del vino risale a circa 8.000 anni fa. Le testimonianze più antiche arrivano dal Caucaso, in particolare dalla Georgia, dove in alcune anfore di terracotta sono state ritrovate tracce di acido tartarico e altri residui riconducibili alla fermentazione dell’uva. Queste scoperte, datate tra il 6000 e il 5800 a.C., sono considerate le più antiche prove archeologiche di vinificazione (Penn Museum).

Da lì la vite e la cultura del vino si diffusero rapidamente:

  • in Mesopotamia, dove veniva citato nei testi sumeri come bevanda di pregio (FAO – History of Wine);
  • in Egitto, dove il vino era riservato alle élite e usato nei riti religiosi. Nelle tombe dei faraoni, come quella di Tutankhamon, sono state ritrovate anfore di vino destinate all’aldilà (Metropolitan Museum of Art);
  • nel mondo greco, che fece del vino un simbolo di civiltà. Era il dono di Dioniso, dio dell’ebbrezza e della creatività, e protagonista dei simposi, momenti conviviali in cui si discuteva di filosofia, poesia e politica (Theoi Project – Dionysos).

Roma e la diffusione della viticoltura in Europa

Furono però i Romani a dare al vino la forma di un prodotto agricolo organizzato e globale. Classificarono i vini (come il celebre Falernum), perfezionarono i sistemi di coltivazione, introdussero botti e nuove tecniche di conservazione e diffusero la vite in tutta Europa, dalla Gallia alla Hispania, fino alla Britannia (FAO – History of Wine).

Il vino divenne parte integrante della dieta, della religione e del commercio romano. Ancora oggi molte delle grandi regioni vitivinicole europee devono proprio ai Romani l’introduzione della vite.


Il Medioevo: vino e monasteri

Con la caduta dell’Impero Romano il vino rischiò di scomparire, ma furono i monaci benedettini e cistercensi a custodirne la tradizione. I monasteri coltivavano le vigne per uso liturgico e allo stesso tempo sperimentavano: in Borgogna e Champagne, furono proprio i monaci a mappare i migliori vigneti, anticipando il concetto moderno di cru (Burgundy Monks and Terroir).


L’età moderna: commerci e catastrofi

Tra il XVI e il XVIII secolo il vino divenne un prodotto globale grazie ai commerci marittimi. Bordeaux, Porto, Sherry e Madeira si affermarono come vini da esportazione, apprezzati in tutta Europa e nelle colonie (IVDP – Instituto dos Vinhos do Douro e Porto).

Il XIX secolo segnò però una crisi epocale: la fillossera, un insetto originario dell’America, devastò i vigneti europei. La soluzione arrivò con l’innesto delle varietà europee (Vitis vinifera) su radici americane resistenti, salvando così la viticoltura mondiale (OIV – Phylloxera).


Il XX secolo e la nascita delle denominazioni

Il Novecento segna la svolta moderna: nascono le denominazioni di origine per tutelare il legame tra vino e territorio.

Parallelamente, la tecnologia portò nuove rivoluzioni: vasche in acciaio inox, controllo delle temperature, selezione dei lieviti.


Oggi: tradizione e innovazione

Il vino contemporaneo è il risultato di un dialogo tra tradizione millenaria e innovazione scientifica.


La definizione ufficiale di vino

Secondo l’OIV – Organisation Internationale de la Vigne et du Vin:

“Il vino è la bevanda risultante dalla fermentazione alcolica esclusiva, totale o parziale, di uve fresche, pigiate o meno, o di mosti d’uva.”
(Fonte OIV)

Questa definizione è recepita dalla normativa europea e italiana, che stabilisce parametri tecnici come la gradazione alcolica minima, i limiti di zucchero residuo e le categorie di qualità.


Un invito a bere storia

Ogni bottiglia racchiude tre elementi inseparabili: la terra, l’uva e la mano dell’uomo. Il vino non è un prodotto replicabile in laboratorio: è sempre legato a un luogo e a una storia. Forse è proprio per questo che, a distanza di 8.000 anni, ci emoziona ancora tanto: perché è più di una bevanda, è un racconto che si beve.

Carrello
Torna in alto